Significato e principi del Judo
I principi cardine del Ju-Do risiedono nel significato e nell'etimo della parola stessa, la “via della cedevolezza”. Ju sintetizza il “come”, il criterio adoperato; Do, il “cosa e il dove”, cioè l'oggetto della disciplina e la direzione a cui tende.
Do, in particolare, simboleggia l’andare, il camminare, il mettersi in marcia ed evoca l’immagine stilizzata della testa di un condottiero che funge da riferimento per gli abitanti del villaggio. Per estensione, il modello da emulare, la strada da seguire, la regola a cui attenersi. Il concetto di DO deriva dal cinese TAO e significa letteralmente “ciò che conduce”, la “disciplina”, la “Via” morale, spirituale, etica.
La scelta del termine, in sostituzione di Jitsu, è indicativa della volontà del fondatore del judo, il Prof. Jikoro Kano, di rielaborare in chiave formativa e divulgativa l’antica accezione di arte marziale legata all'utilizzo delle tecniche di combattimento in tempo di guerra, in linea con l'apertura culturale che il Giappone mostrò alla fine dell'800, dopo la caduta delle dittature militari. L'affinamento meticoloso della tecnica marziale abbandona così la sua severa impronta bellica per diventare strumento universale di realizzazione del benessere fisico e mentale, capace di acquisire aura artistica e trascendere nella più profonda espressione di se stessi, nell'essenza, nell'"io".
JU indica invece il concetto di cedevolezza, di flessibilità e rappresenta la modalità attraverso cui perseguire il principio DO. È simboleggiato da un ideogramma che ricorda un salice che flette i rami al peso della neve, per poi riprendere la posizione originaria. Riconduce al contrasto con la forza immobile, definibile e vulnerabile della grande quercia – metafora di intransigenza e ostinazione – ed è da intendersi come sistema di assorbimento, risposta e miglior adattamento alle dinamiche di combattimento, di relazione, di vita. Partendo dal controllo delle forze dell'avversario, dalla lettura dei suoi movimenti, dei suoi squilibri, delle tensioni, dei punti di fragilità, il judoka, sublimando il suo approccio motorio in principio esistenziale, giungerà ad inquadrare i problemi quotidiani, a determinarne i confini e a ricavare le soluzioni più adeguate, utilizzando il giusto tempo e le migliori opportunità per impiegare energia e raggiungere i propri obiettivi (principio sei ryoku zen yo).
L'ottenimento del risultato, pur transitando attraverso una pratica individuale, non può prescindere tuttavia dall'incontro con “l'altro”, perché è nell'interazione che il judoka trova occasione di studio, conoscenza e superamento dei propri limiti. Di qui il senso del significato “via della cedevolezza”, che non fa riferimento all'uso di un gesto motorio prevalente, piuttosto evoca la necessità di operare una risposta cedevole rispetto a qualcos'altro, invitando implicitamente il praticante al dialogo, al confronto, alla comunicazione, ad accogliere con gratitudine le informazioni provenienti dall'esterno.
Ove pertanto si riconosca nella condivisione la chiave di lettura per il miglioramento di se stessi, il miglior impiego dell'energia dell'uno si innalza ad impiego armonico delle energie di tutti (la collettività) e di tutto (le forze della natura), in un circolo virtuoso che contribuisce al miglioramento esistenziale ed al progresso sociale, fino a confondersi con l'Universo (principio ji ta kyo ei).
Judo è dunque il percorso di maturazione personale fondato sull'esercizio ed il perfezionamento delle tecniche di combattimento, sull'analisi ed il rispetto delle forze avverse, sull'ottimizzazione delle capacità di adattamento agli eventi, che conduce il praticante alla ricerca della propria essenza e diventa slancio per la costruzione della moralità, per il raggiungimento del benessere sociale e dell'equilibrio naturale.